Impianti: come fare se si ha poco osso?

Si è appena verificato l’evento tanto temuto, la perdita di un dente permanente. Le cause possono essere state diverse; un incidente, la parodontite, una carie profonda, o qualche altra cosa… sta di fatto che adesso si è creato uno spazio in bocca e che è meglio pensare a come riempirlo nuovamente nel più breve tempo possibile. Infatti, come vedremo, con la caduta di un dente inizia anche un processo di recessione ossea che in qualche mese potrebbe rendere più difficoltoso ricorrere ad un impianto per una protesi fissa. Qui di seguito vedremo brevemente perché e cosa fare nel caso effettivamente non ci sia più abbastanza osso per un impianto. Impianti dentali? Sì, ma serve dell’osso “di qualità”! Gli impianti dentali sono oggi il metodo più consigliato dai dentisti per sostituire uno o più denti mancanti. Come con tutte le protesi anche in altre parti del corpo umano, gli impianti dentali sono concepiti per funzionare come i loro modelli “originali”, che purtroppo non ci sono più. Per quanto riguarda gli impianti dentali, per svolgere bene la loro funzione queste protesi devono necessariamente essere fissate all’interno di una gengiva sana e di un osso adeguatamente forte e voluminoso. Tuttavia, quando si crea uno spazio vuoto dove prima c’era un dente, l’osso che ne accoglieva le radici smette di avere una funzione di supporto e inizia a riassorbirsi; in pratica il nostro organismo – che è “programmato” per l’economia – fa in modo che i nutrienti che prima erano “assegnati” a quella parte di osso, vengano “dirottati” su altre zone più bisognose della bocca. Vediamo dunque cosa succede quando non si verifica il requisito di avere abbastanza osso per accogliere la vite di un impianto. I metodi per risolvere il problema della recessione ossea. Quando un paziente subiva una significativa perdita di tessuto e densità ossea – e quindi non aveva più l’osso necessario per permettere l’osteointegrazione – fino a qualche anno fa avrebbe dovuto rassegnarsi all’utilizzo di una protesi mobile (dentiera o scheletrato). Al giorno d’oggi, grazie allo sviluppo scientifico, l’avere “poco osso” non è più una condanna e non preclude l’accesso agli impianti dentali. Vediamo dunque quali sono i principali metodi impiegati dai dentisti per recuperare la quantità di osso necessaria. Innesto Nel corso di questa operazione del biomateriale osseo viene collegato all’osso esistente, fungendo da “impalcatura” per la riproduzione delle cellule che andranno a creare del nuovo osso finalmente del volume e della densità adeguata (la cosiddetta rigenerazione ossea). L’innesto può essere quindi praticato a partire da: Osso di origine animale, detto anche “osso sintetico”, nel quale tutte le sostanze organiche sono state eliminate lasciando unicamente i componenti minerali . L’osso sintetico permette alle cellule dell’osso naturale del paziente di moltiplicarsi e di formare nuovo osso. Perché il processo di rigenerazione ossea abbia luogo è necessario che l’innesto si vascolarizzi adeguatamente; per questo l’intervento è in genere sconsigliato ai forti fumatori e a chiunque abbia delle patologie gengivali non risolte. A seconda del tipo di intervento, l’innesto richiede dei tempi di guarigione relativamente lunghi prima che sia possibile praticare l’impianto, calcolabili da 4 mesi fino ad un anno intero. Impianti zigomatici o pterigopalatini. Si tratta di impianti che vanno a cercare l’osso dove c’è, aggirando l’ostacolo della mancanza d’osso a livello della mascella (parte sopra della bocca). Gli impianti zigomatici fissano la vite nell’osso dello zigomo, un osso del cranio che offre garanzie di alta densità. Gli impianti pterigoidei vengono inseriti più indietro nell’arcata, oltre gli ultimi molari raggiungendo l’area pterigopalatina, che offre anch’essa garanzie in quanto a qualità ossea. Questo genere di impianti spesso non sono alternativi gli uni agli altri, nel senso che possono essere anche inseriti entrambi nello stesso paziente per fissare la protesi. L’operazione non richiede i tempi di recupero degli innesti, ma va praticata da un chirurgo molto esperto dato che le viti vengono inserite ad una certa profondità. In alcuni casi è possibile il “carico immediato”, ovvero l’applicazione della protesi dopo poche ore o giorni dall’intervento. Altre volte non è possibile, e bisogna attendere i tempi di osteointegrazione degli impianti. I mini impianti Soprattutto a livello di mandibola (parte sotto della bocca) i mini impianti possono essere una soluzione; la vite di questi impianti ha un diametro uguale o inferiore a 3 millimetri e quindi richiede meno volume osseo per essere impiantata. Dati il loro spessore sottile i mini impianti non hanno l’abutment – cioè l’elemento di raccordo che c’è negli impianti tradizionali – e la parte superiore della protesi (che sia una corona, un ponte, o un’intera arcata) viene agganciata direttamente sull’estremità superiore della vite. I mini impianti possono sopportare carichi certamente inferiori a quelli degli impianti più grossi, ma possono comunque rappresentare una valida soluzione per chi ha subito la recessione ossea.